24. La Citroniera

Vi trovate di fronte alla Citroniera, che sorge lungo la facciata ovest del Castello. È uno spazio suggestivo, che vi invitiamo a vivere e attraversare, per osservarlo in tutta la sua bellezza. Dall’esterno si riconosce l’impianto ottocentesco, che si inserisce nel disegno globale e armonico del Castello; al suo interno il Ficus repens si è arrampicato sulla volta dando vita a curiosi disegni che si sviluppano spontaneamente sulle pareti, come un’opera d’arte.

Il recupero di questo spazio, a opera della Fondazione Cosso, nel 2010, l’ha riportato al suo antico splendore con un restauro rispettoso dell’impianto e delle caratteristiche originarie del luogo. La pavimentazione, in particolare, è creata con una miscela di argilla, terra e sabbia che le conferisce un aspetto elegante e legato alla tradizione. Entrate ora nella citroniera immergendovi della storia di un tempo.

Nell’Ottocento la diffusione delle Serre in parchi e giardini, grazie al progresso nelle tecniche costruttive e nell’utilizzo di vetro e ferro, realizzava il sogno di poter avere un angolo colorato e piante lussureggianti anche in pieno inverno; a questo si aggiungeva il gusto per l’esotico e la passione per il collezionismo che richiedeva luoghi adatti a riparare piante abituate a climi ben diversi dal nostro. Questi spazi erano spesso ampi e luminosi grazie all’ingresso della luce del sole, piacevoli, in inverno, al punto da trasformarsi talvolta in veri e propri salotti. I nobili e gli appassionati potevano così incontrarsi tra rarità e curiosità botaniche di mondi lontani.

Fino all’epoca della contessa Sofia la vita nel Parco proseguiva operosa anche durante la stagione fredda: tra ottobre e novembre, prima dell’arrivo del gelo, era importante occuparsi dei preziosi agrumi, limoni, cedri e bergamotti, che venivano portati nella Serra. Poi, con più calma, e con l’aiuto di un falegname, si sarebbe provveduto alla riparazione e alla decorazione delle casse per trasportarli fuori, in primavera.

L’agricoltura e l’allevamento degli animali avevano al tempo una grande importanza.

La Festa di San Martino, l’11 novembre, e la cosiddetta “estate di San Martino” preannunciavano l’arrivo imminente dell’inverno e segnavano il momento a partire dal quale i contadini riprendevano a lavorare per garantire un buon raccolto nell’annata successiva. L’11 novembre era anche la data in cui scadevano i contratti di fattori e giardinieri che dovevano essere rinnovati per l’anno a venire.

In questo periodo la famiglia Massel non risiedeva a Miradolo ma rientrava in città da dove seguiva comunque con attenzione la gestione della dimora e dei terreni grazie alla collaborazione del capo giardiniere e del custode. Era il tempo di redigere inventari, conti e nuovi ordini per garatire una buona semina nella primvera a venire. Tra novembre e dicembre erano consegnati a Torino legna e carbone necessari a riscaldare le case.

Nelle settimane più fredde dell’anno al Castello di Miradolo il lavoro si divideva tra la manutenzione e i nuovi acquisti. Data l’importanza della vite nell’economia agricola del luogo era necessario reperire tutti i materiali destinati a riparazioni e integrazioni dei vigneti e degli alteni, come i pali in castagno. Nel caso in cui non bastava il letame prodotto dalle cascine se ne acquistava ancora per la concimazione.

Anticamente la zona dell’attuale grande prato era riservata in parte al foraggio e in parte alla coltivazione della vite ad alteno, un antico sistema, comune in Piemonte, che si distingue dal vigneto per l’utilizzo di supporti, pali o piante ad alto fusto, a sostegno delle viti, che potevano così crescere sollevate da terra. Tra i filari si creava un intreccio di fronde che garantiva un riparo sotto cui coltivare altre specie e sfruttare al massimo il terreno.