I Rustici

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Descrizione
Alle spalle del corpo nobile del Castello incontriamo gli edifici della grande Corte Rustica.
I fabbricati si sviluppano lungo gli assi tracciati dalle maniche auliche del Palazzo e circoscrivono una ampia corte chiusa, collegata con la più piccola Corte Interna. Questa continuità tra le corti è evidente nel disegno settecentesco originario della “cassina”, ai tempi di Maurizio Massel di Caresana, ma è andata perduta dopo il 1950. Fino alla morte di Sofia Cacherano di Bricherasio, gli spazi e le attività erano condotti direttamente dai fattori, l’ultimo dei quali, Francesco, ha vissuto al Castello fino al 2010.
I rustici, a uno o due piani, rispettano la canonica tipologia costruttiva e le funzioni della cascina piemontese settecentesca: la tettoia (in dialetto piemontese “cas”), con le colonne in mattoni a vista per il deposito dei mezzi agricoli; la stalla per le mucche e una scuderia per i cavalli, sovrastate dal fienile; le abitazioni, con il loro numero civico, destinate alla residenza dei mezzadri; il forno e il pollaio. La struttura portante è in muratura mista a pietre, gli ambienti al piano terra conservano gli elementi che caratterizzavano le differenti funzioni originarie: le mangiatoie, i camini, le scale con i gradini in laterizio e alzata in listello in quercia, le volte a vela con mattoni a spina di pesce nelle stalle.
Nel 2020 questa area è stata sgomberata dai materiali abbandonati a partire dagli ultimi anni del secolo scorso; sono emersi così alcuni dettagli che rimandano al gusto raffinato della proprietà nobiliare: le due colonne in pietra nella stalla, il grande camino nella casetta del fattore e, sotto lo strato di erba superficiale nata spontaneamente nelle parti inutilizzate lungo i fabbricati della Corte, la classica pavimentazione in acciottolato, denominata nella tradizione piemontese “calatà”.
Il progetto di restauro ha cercato una valorizzazione di questi spazi attraverso interventi discreti e conservativi, indispensabili per preservare non soltanto gli elementi architettonici ma, soprattutto, la memoria silenziosa e antica del lavoro.