La Corte Nobile

Ginkgo Biloba

Il ginkgo biloba di fronte al quale ci troviamo è uno dei cinque esemplari monumentali del Parco. Con i suoi oltre 200 anni, è una vera "signora"; in autunno è facile distinguere gli esemplari maschi dalle femmine: queste ultime sono cariche di frutti che generalmente iniziano a cadere dalla pianta tra la fine di settembre e il mese di novembre.

Il ginkgo biloba è una conifera le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa e, per questa ragione, è conosciuto anche con l’epiteto di "fossile vivente". Il nome ginkgo deriva probabilmente da un'erronea trascrizione del nome giapponese "yin-kuo": Yin, argento, e kyo, albicocca, per l’aspetto dei suoi frutti. Il nome della specie, "biloba", deriva invece dal latino bis e lobus, con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio. I Francesi lo chiamano l'Arbre aut mille écus, l'albero dai mille scudi. Nella cultura cinese, la forma bilobata delle foglie rappresenta la compresenza dello yin e dello yang, le due forme di energia che governano la vita dell'uomo, delle cose e della natura. Goethe, in una poesia che ha come titolo il nome di questo albero, analogamente scrive: "non senti, nei miei canti, che sono uno e sono doppio?".

Il gingko biloba resiste al freddo e alla siccità, è immune agli insetti, ai funghi, ai parassiti e all'inquinamento atmosferico e industriale. Si narra che alcuni alberi siano germogliati poco dopo l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima, guadagnandosi l’appellativo di "alberi della pace".

Il ginkgo biloba è una grande curiosità botanica. È come Turandot, è lo smarrimento nell’osservare una conifera con le foglie piatte, a forma di ventaglio, dietro cui sembrano nascondersi sorrisi orientali e sguardi fuggevoli. Il giallo del gingko biloba, in autunno, è come uno sguardo, un battito di palpebre; cambia posto, si apre ed è verticale come una cascata, e poi si chiude, orizzontale come un tappeto.

Il ginkgo biloba di fronte al quale ci troviamo è uno dei cinque esemplari monumentali del Parco. Con i suoi oltre 200 anni, è una vera “signora”; in autunno è facile distinguere gli esemplari maschi dalle femmine: queste ultime sono cariche di frutti che generalmente iniziano a cadere dalla pianta tra la fine di settembre e il mese di novembre.

Il ginkgo biloba è una conifera le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa e, per questa ragione, è conosciuto anche con l’epiteto di “fossile vivente”. Il nome ginkgo deriva probabilmente da un’erronea trascrizione del nome giapponese “yin-kuo“: Yin, argento, e kyo, albicocca, per l’aspetto dei suoi frutti. Il nome della specie, “biloba”, deriva invece dal latino bis e lobus, con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio. I Francesi lo chiamano l’Arbre aut mille écus, l’albero dai mille scudi. Nella cultura cinese, la forma bilobata delle foglie rappresenta la compresenza dello yin e dello yang, le due forme di energia che governano la vita dell’uomo, delle cose e della natura. Goethe, in una poesia che ha come titolo il nome di questo albero, analogamente scrive: “non senti, nei miei canti, che sono uno e sono doppio?”.

Il gingko biloba resiste al freddo e alla siccità, è immune agli insetti, ai funghi, ai parassiti e all’inquinamento atmosferico e industriale. Si narra che alcuni alberi siano germogliati poco dopo l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima, guadagnandosi l’appellativo di “alberi della pace”.

Il ginkgo biloba è una grande curiosità botanica. È come Turandot, è lo smarrimento nell’osservare una conifera con le foglie piatte, a forma di ventaglio, dietro cui sembrano nascondersi sorrisi orientali e sguardi fuggevoli. Il giallo del gingko biloba, in autunno, è come uno sguardo, un battito di palpebre; cambia posto, si apre ed è verticale come una cascata, e poi si chiude, orizzontale come un tappeto.