16. Verso la campagna e il grande faggio

Vi invitiamo ora a spostarvi verso il cancello poco più avanti. Percorrete il breve vialetto tra le pareti di bosso e voltatevi verso il Parco: accanto al Liriodendro cresce il bellissimo Fagus sylvatica asplenifolia. È uno degli alberi che in primavera sonnecchia più a lungo e tarda a risvegliarsi dall’inverno, mostrando foglioline e gemme in ritardo rispetto agli alberi che lo circondano. Per questo la sua chioma è sempre di un colore un po’ più brillante rispetto alle altre, ancora per tutta l’estate.

Dietro di voi, oltre il cancello, si apre la vista verso la campagna. Un documento d’archivio racconta che, negli anni fra il 1890 ed il 1892, il marchese Fulvio Massel di Caresana sia stato uno dei firmatari di un compromesso con il Comandante della Scuola di Cavalleria, Felice Avogadro di Quinto, per l’affitto di questi terreni, situati a valle del Parco, per l’insediamento del “Galoppatoio di Miradolo”. Non sono però pervenute altre testimonianze dell’esistenza di tale galoppatoio, la cui realizzazione fu probabilmente interrotta anche a causa della morte del marchese, nel 1906, a soli due anni di distanza da quella del nipote Emanuele Cacherano di Bricherasio, fratello di Sofia.

Avvicinatevi ora a conoscere il grande faggio, il “gigante buono” del Parco, che con la corteccia che ricorda il manto dell’elefante e con il portamento morbido e ricadente, sembra abbracciare chi si ferma sotto la sua chioma.

Una visita al grande faggio ci permette di tornare bambini se, con coraggio, ci chiniamo e avanziamo sotto la sua grande chioma, entrando nel mondo fantastico che la natura ci regala. Un respiro profondo, una comoda seduta sul terreno morbido, la schiena appoggiata al grande tronco e tutta l’energia di questo luogo d’incanto.

Il faggio è una specie arborea decidua del genere Fagus e della famiglia delle Fagacee; quella cui vi trovate ora di fronte è, tra le varietà ornamentali, una fra le meno comuni: il Fagus sylvatica asplenifolia, le cui foglie si contraddistinguono per una lobatura marcatamente sinuata, che in qualche modo ricorda quella della felce, denominata Asplenium.

Vi trovate ora in una delle zone del Parco più ricche di esemplari arborei significativi: dopo il liriodendro e il faggio asplenifolia è il momento di scoprire l’albero che, fino a pochi anni fa, era il più alto del Parco: la sequoia.