3. Il Ginkgo

L’autunno accompagna il giardino dal rigoglio estivo al periodo invernale: segna il passaggio dal momento di massima esuberanza della natura a quello del riposo. È la stagione delle atmosfere magiche e dei colori.

 

Le giornate si accorciano, le ore di luce diminuiscono, si allungano le ombre e fanno capolino i primi freddi. Le foglie di molte piante reagiscono al calo delle temperature mutando lentamente il loro colore, tingendosi di mille sfumature diverse e, infine, abbandonano i rami delle caducifoglie. Tutto questo non è motivo di tristezza bensì segno di rinnovamento, per la natura, che regala agli occhi uno degli spettacoli più belli dell’anno: la colorazione delle chiome.

 

Tra ottobre e novembre il Parco è ancora una volta un luogo incantevole da scoprire e da vivere; come per opera di un abile pittore il giardino muta: macchie suggestive rendono unico ogni angolo. L’acero del Giappone si tinge di rosso, il ginkgo muta al giallo, i cipressi calvi si imbruniscono. I toni aranciati dell’albero dei tulipani si accostano alle tonalità del vecchio Fagus aspleniifolia, mentre il viale di tigli assume bellissime tinte miele. Sfumature purpuree investono il fogliame della quercia americana.

 

All’imbrunire la luce riscalda i colori e crea una dolce atmosfera sospesa in cui è piacevole immergersi e passeggiare, portandosi sotto i grandi alberi, dove il terreno si copre di un morbido tappeto di foglie.

Il giardiniere vive i mesi autunnali come uno dei periodi più operosi dell’anno, quando prepara alcune talee, semina i nuovi manti erbosi, trasloca siepi e arbusti, provvede ai nuovi piantamenti e alla manutenzione. In questa stagione nulla è lasciato al caso perché si prepara il Parco al sonno invernale e a un buon risveglio, in primavera.

 

Il nostro percorso di scoperta inizia di fronte a un meraviglioso e antico esemplare di Ginkgo biloba.

 

In autunno l’emozione di fronte al ginkgo è assicurata: le sue foglie lentamente si tingono d’oro e creano un’enorme macchia di colore nel giardino; i ventaglietti gialli che gradualmente abbandonano la pianta si posano alla base del tronco, e tutto intorno, creando l’effetto di un gigantesco tappeto.

Quando l’aria risuona nel sottobosco, centinaia di farfalle prendono il volo, tutto intorno: sono le foglie del ginkgo.

 

In questo periodo dell’anno è facile distinguere gli esemplari maschi dalle femmine: queste ultime sono cariche di frutti sferici e polposi, che generalmente iniziano a cadere dalla pianta tra la fine di settembre e il mese di novembre. È particolare il loro odore, ragione per cui i ginkgo piantati nelle grandi città e nei giardini, amati per il loro valore ornamentale, sono quasi sempre maschi. In nome Gingko deriva dal giapponese Yin, argento, e kyo, albicocca, per l’aspetto dei suoi frutti. Il nome latino della specie, biloba, deriva invece dalla forma delle foglie, divise in due lobi.

 

Il ginkgo è un “fossile vivente”, esistente sulla Terra già 250 milioni di anni fa. Sopravvissuto attraverso i secoli grazie alla coltivazione nei giardini e nei templi cinesi, fu introdotto in Europa nel Settecento, e venne subito apprezzato per il suo portamento e le caratteristiche foglie a ventaglio.

I suoi semi sono stati trasportati per la prima volta in Europa, dal Giappone, dai mercanti della Compagnia delle Indie Orientali olandesi per merito del tedesco Engelbert Kaempfer.

Sebbene abituato ad un clima temperato questo bellissimo albero si è adattato nei secoli a vivere anche in Paesi caratterizzati da un clima più freddo; il ginkgo più antico che oggi cresce fuori dal continente asiatico risale agli anni Trenta del Settecento e si trova nell’orto botanico di Utrecht, nei Paesi Bassi.

 

Il ginkgo è un albero dalle grandissime capacità di resistenza e adattamento. Oltre che al freddo resiste alla siccità, è immune agli insetti, ai funghi e a ogni specie di parassiti, oltre che all’inquinamento atmosferico e industriale.

Si narra che alcuni alberi siano germogliati poco dopo l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima, guadagnandosi l’appellativo di “alberi della pace”, mentre altri abbiano la capacità di estinguere gli incendi: un esemplare centenario, collocato in un Tempio di Kyoto, avrebbe spruzzato acqua dalle foglie, proteggendo l’edificio andato in fiamme in occasione dell’incendio che devastò la città, nel 1788.

 

Le proprietà medicinali di questa pianta sono note fin dall’antichità in Oriente, dove i frutti vengono regolarmente raccolti una volta giunti a maturazione, mentre in Occidente solo recentemente sono stati condotti studi sulle sue proprietà farmacologiche.