6. Il sottobosco e i canali

Il Parco è attraversato da un importante sistema di canali, oggi come in passato utilizzati per l’irrigazione e tutt’ora alimentati dal torrente Chisone. Quello che potete osservare è l’antico Canale della Mola, che prende il nome dai possedimenti della famiglia Massel, antica proprietaria sia della Cascina La Prefetta, antistante l’ingresso al Parco, sia della più distante Cascina La Mola, cui il canale portava l’acqua.

 

Una rappresentazione del Parco risalente al 1834, mostra in questa zona, nei pressi degli alti Taxodium, un laghetto, che oggi non si è conservato, voluto dalla marchesa Maria Elisabetta Ferrero della Marmora, bisnonna di Sofia ed Emanuele Cacherano di Bricherasio, inserito al posto di un’antica peschiera.

 

In autunno il sottobosco si prepara a difendersi dal freddo invernale; come una coperta, si posano a terra centinaia di foglie, una sull’altra, formando uno spesso strato: è la pacciamatura naturale, tanto utile al benessere degli alberi, quanto degli arbusti, per proteggerli dalla neve e dal gelo. Alle foglie si mischiano piccoli rametti e altri materiali organici.

 

Vi invitiamo ora ad attraversare il canale e ad inoltrarvi in questa zona del Parco, tra le più silenziose di tutto il giardino.

La quiete del luogo permette di concentrarsi sui suoni della natura: ad ogni passo le foglie secche scricchiolano, qualche scoiattolo corre veloce sui rami, una magia si diffonde quando cade la pioggia.

Dalla terra bagnata e dalle foglie umide scaturisce il profumo del sottobosco; le grandi chiome degli alberi ci riparano, tanto da poter riporre l’ombrello; il ticchettio delle gocce che precipitano dall’alto risuona ritmico.

 

Dirigetevi verso l’imponente platano, osservate il suo tronco scultoreo, e poi cercate il sentiero tra la vegetazione, spostandovi verso sinistra.

Pare che il più vecchio albero d’Europa sia un platano che cresce sull’isola greca di Kos, presso le rovine del santuario di Asclepio e dell’attiguo boschetto sacro ad Apollo. Era la sede della scuola medica fondata da Ippocrate, il quale avrebbe tenuto le sue lezioni proprio nei pressi del platano.

Anche i peripatetici dell’Accademia di Platone avrebbero beneficiato dell’ombra e della bellezza dei platani, durante le loro lezioni, nel bosco dedicato ad Académo, ad Atene.

 

Camminando ritroverete l’enorme ceppaia di un vecchio castagno, che è stata conservata nel Parco per permettere ai suoi ospiti di studiare il lento processo di degradazione del legno, ammirare l’intervento prezioso degli insetti sullo stesso, riflettere sulla vetustà di molti esemplari arborei che vivono ancora oggi nel giardino.

Nel secolo scorso nelle valli alpine il castagno era considerato l’albero del pane e costituiva un tassello essenziale della cucina popolare e contadina. Dai suoi frutti, le castagne, si ricavava la farina, oppure si consumavano secche, ammorbidite nel latte o unite al lardo.

Dai fiori di castagno le api ricavano il gustoso miele e con il suo legno abili artigiani costruiscono mobili.

 

In questa zona del Parco si può godere di vera tranquillità, interrotta solo dalle corse veloci degli scoiattoli e dalle visite saltuarie dei caprioli.

Un passaggio sul canale vi permetterà di tornare verso la radura dei cipressi calvi e di osservare l’ippocastano. Alla vostra destra il viale di tigli dell’ingresso e di fronte a voi uno scorcio sul Castello.

 

Protagonisti dei giardini all’inglese non sono i fiori, ma i colori non mancano di certo: il verde è declinato in tutte le sue sfumature dalle varie specie finchè, in autunno, sopraggiugono anche i gialli, l’arancione e il porpora. Il giardino è un luogo dell’anima e non può prescindere dai colori: mutevoli, vibranti, li percepiamo con la vista ma colpiscono il cuore.

La visuale da qui è unica: nella radura i toni bruni dei tre maestosi cipressi calvi si mischiano al giallo oro delle foglie del Ginkgo Biloba, al rosso dell’acero giapponese, che ombreggiano un meraviglioso prato ancora verde, trapuntato  di foglie colorate.