11. Il boschetto di faggi

Nel Parco, in piena sintonia con i dettami del giardino all’Inglese, gruppi di alberi e boschetti si inseriscono nel progetto ad interrompere ampie radure, disegnando scenografie e romantici scorci. Passeggiando si avvertono le linee sinuose e l’irregolarità tipica del gusto informale: ogni elemento è collocato ad arte per aprire e chiudere prospettive visive e suscitare nel visitatore sorpresa e, insieme, curiosità.

Sono queste le sensazioni che si provano inoltrandosi in un bosco: la luce filtra con difficoltà dall’alto, la temperatura è fresca, si percepiscono il profumo e  l’umidità del sottobosco. Lo sguardo rimbalza inesausto da una pianta all’altra per scoprire ogni tesoro, per non tralasciare alcun particolare, o semplicemente per non perdere i punti di riferimento.

 

Tra i primi si fanno notare i due bellissimi carpini, con le sagome eleganti dei loro tronchi, che ne evidenziano la vetustà; traforati e contorti, i fusti di queste piante evocano l’immagine di antiche rocce erose dalla forza del vento e dall’insistenza delle onde. Le foglie delle chiome stanno ingiallendo e cominciano ad abbandonare i rami.

 

Nei pressi un giovane esemplare di Cercidiphyllum japonicum si distingue per la vivace colorazione della chioma, dal giallo al porpora, e per le note di zucchero caramellato e fragole che si sprigionano dalle foglie d’autunno.

 

Poco oltre, tra tassi, agrifogli ed edera, il maestoso faggio, conquista la scena. La corteccia liscia e grigia  e i rami imponenti non permettono di confonderlo. Ogni anno in autunno perde una grande quantità di foglie, che si decompongono con lentezza nel sottobosco. Il tappeto morbido crea una rilassante sonorità se viene attraversato e calpestato, prima del sopraggiungere delle piogge, quando le foglie inzuppate verranno rimosse con pazienza dal giardiniere per permettere al terreno e alle radici di respirare.

Curiosando intorno potrete notare la grande ceppaia di un altro faggio, dalle dimensioni imponenti, purtroppo non sopravvissuto agli anni di incuria che hanno colpito il Parco in passato, e, accanto, esemplari più giovani.

 

In questa zona del Parco che si affaccia verso il grande prato, particolarmente riparata e cespugliosa, non è raro veder correre veloce le mini lepri. Si tratta del silvilago, un mammifero di origini americane, dalla bianca codina, che si mimetizza perfettamente nel bosco in questa stagione per via del colore bruno della pelliccia, tra rami secchi, rovi e fogliame. L’avvento della neve, nei mesi più freddi dell’anno, lo renderà maggiormente visibile.