15. Verso la campagna e il grande faggio

Vi invitiamo a spostarvi verso il cancello. Percorrete il breve vialetto tra le pareti di bosso dove si aprirà la vista verso la campagna.

 

Un documento d’archivio racconta che, negli anni fra il 1890 ed il 1892, il marchese Fulvio Massel di Caresana sia stato uno dei firmatari di un compromesso con il Comandante della Scuola di Cavalleria, Felice Avogadro di Quinto, per l’affitto di questi terreni, situati a valle del Parco, per l’insediamento del “Galoppatoio di Miradolo”. Non sono però pervenute altre testimonianze dell’esistenza di tale galoppatoio, la cui realizzazione fu probabilmente interrotta anche a causa della morte del marchese, nel 1906, a soli due anni di distanza da quella del nipote Emanuele Cacherano di Bricherasio, fratello di Sofia.

 

Voltandovi verso il Parco vi apparirà il Fagus sylvatica aspleniifolia. Avvicinatevi a conoscere il grande faggio, il “gigante buono” del Parco, che con la corteccia che ricorda il manto dell’elefante e con il portamento morbido e ricadente, sembra abbracciare chi si ferma sotto la sua chioma.

 

Il faggio è una specie arborea decidua del genere Fagus e della famiglia delle Fagacee; quella cui vi trovate ora di fronte è, tra le varietà ornamentali, una fra le meno comuni: il Fagus sylvatica asplenifolia, le cui foglie  si contraddistinguono per una lobatura marcatamente sinuata, che in qualche modo ricorda quella della felce, denominata Asplenium. È uno degli alberi, tra le caducifoglie, che mantiene più a lungo le sue foglie sui rami, insieme al carpino.

Inoltrarsi in una foresta di faggi è una grande emozione, colpisce il grigio argenteo dei tronchi e la brillantezza delle chiome; foreste di faggi sono oggi purtroppo rare in Italia, erano più diffuse nell’antichità. Una faggeta importante, di circa 50 ettari, si trova sui monti Cimini, nel Lazio settentrionale, un angolo di paradiso, che nel 2017 è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio naturale dell’umanità. In Piemonte alcune faggete si trovano nelle Alpi Cozie meridionali, dalla Valle Maira alla Valle Tanaro.

 

In questi mesi il Faggio si colora assumendo diverse tonalità di giallo e le foglie cadono molto lentamente creando un morbido e abbondante tappeto a copertura del terreno, che si decomporrà solo col tempo, a primavera inoltrata.

Il faggio è considerato la “madre del bosco” per via del fatto che il suo fogliame è uno dei migliori produttori di humus, capace di arricchire il terreno, anche a beneficio delle altre specie. Le foglie sono materiale prezioso che chiude il ciclo della natura, riportando alla terra le sostanze nutritive che l’albero ha consumato durante il periodo di vegetazione, dalla primavera fino all’autunno.

 

Nella stagione autunnale il giardiniere previdente dovrà controllare che nel giardino, dove occorre, il suolo non sia nudo, proprio come avviene in natura. Sotto un’adeguata copertura di fogliame, aghi o sfalci, la cosiddetta pacciamatura, il terreno sarà infatti protetto dagli agenti atmosferici, subirà meno gli sbalzi di temperatura e non si compatterà eccessivamente.