9. Il Grande Faggio

Il faggio è una specie arborea decidua del genere Fagus e della famiglia delle Fagacee; quella cui vi trovate ora di fronte è, tra le varietà ornamentali, una fra le meno comuni: il Fagus sylvatica asplenifolia, le cui foglie si contraddistinguono per una lobatura marcatamente sinuata, che in qualche modo ricorda quella della felce, denominata Asplenium.

Tra gli ultimi a risvegliarsi con l’arrivo della primavera, il faggio è considerato la “madre del bosco” per via del fatto che il suo fogliame è uno dei migliori produttori di humus, capace di arricchire il terreno, anche a beneficio delle altre specie. Le sue foglie, che cadono in autunno inoltrato, sono materiale prezioso che chiude il ciclo della natura, riportando alla terra le sostanze nutritive che l’albero ha consumato durante il periodo di vegetazione.

Intorno a voi, lungo il viale che conduce al fondo del Parco, un’imponente parete formata da esemplari di bosso.

Il bosso è un sempreverde presente nel Parco già dall’Ottocento, e forse anche dal secolo precedente, quando era molto in voga per creare siepi e bordure. Ci ricorda l’importante funzione svolta dalle siepi nei giardini: rettilinee o sinuose, sempreverdi o caducifoglie, separano gli spazi creando quinte verdi e proteggono le piante vicine dai venti freddi.

La chioma del bosso è assai folta, formata da piccole foglie persistenti, verde intenso, che sono rivestite da una spessa cuticola che ha la funzione di proteggere la pianta dagli squilibri termici e idrici e le conferisce il caratteristico aspetto lucido.

Il suo legno, a causa del lentissimo accrescimento annuale, risulta molto pesante. Per via della sua indeformabilità e durevolezza, se ne è fatto lungamente ricorso per fabbricare i pezzi degli scacchi, gli strumenti matematici e persino quelli musicali. Ha evocato anche i simboli della fermezza e della perseveranza.

Si apre di fronte al faggio un sentiero che conduce al cancello: curiosate intorno affacciandovi verso la campagna, all’esterno.

Documenti d’archivio svelano che, negli anni fra il 1890 ed il 1892, il marchese Fulvio Massel di Caresana, zio di Sofia ed Emanuele di Bricherasio, sia stato uno dei firmatari di un compromesso con il Comandante della Scuola di Cavalleria, Felice Avogadro di Quinto, per l’affitto di questi terreni, situati a valle del Parco, per l’insediamento del “Galoppatoio di Miradolo”. Non sono però pervenute altre testimonianze dell’esistenza di tale galoppatoio, la cui realizzazione fu probabilmente interrotta anche a causa della morte del marchese, nel 1906, a soli due anni di distanza da quella del nipote Emanuele, scomparso prematuramente, in circostanze misteriose.