7. Il platano

Vi trovate nell’angolo delle camelie; guardatevi attorno e vedrete magnifici esemplari di questo elegante arbusto, caro alla Contessa Sofia di Bricherasio, che lo introdusse nel Parco sul finire dell’Ottocento, probabilmente acquistandolo dai vivai del Lago Maggiore. Osservate la vetustà di questi grandi arbusti, appartenenti alla specie japonica e sasanqua. Sopra di voi, la chioma dell’imponente platano.

Il platano è un albero deciduo a crescita veloce che può arrivare fino a 40 m di altezza. Nel Parco potete ammirare un ibrido coltivato tra Platanus occidentalis e Platanus orientalis. In Italia cresce spontaneo nella Sicilia orientale, ma la sua zona geografica di origine sono l’Asia occidentale e i Balcani.

Le foglie, grandi e lucide, simili a quelle dell’acero per i 5 lobi, possono arrivare a dimensioni anche di 15 cm. Il frutto ricorda una sfera di 25-30 mm di diametro. E’ una pianta maestosa, di veloce sviluppo con grandi rami e grandi foglie. Ha un tronco molto particolare, dritto e chiazzato di bianco, grigio e bruno.

Il platano è molto diffuso nelle nostre città, introdotto in Piemonte nel periodo della dominazione napoleonica, per via del bell’aspetto ornamentale e della sua grande resistenza alle malattie. Nascevano in quel periodo, a Torino, i grandi viali alberati, creati ricorrendo al piantamento di platani, su ispirazione dei viali di Parigi.

Oggi il platano più famoso cresce sull’Isola di Kos, nell’omonima città greca. I rami enormi, puntellati da colonne antiche, coprono tutta la piazza mentre il tronco ha una circonferenza di 14 metri. Secondo la leggenda, 2500 anni fa, il famoso medico Ippocrate avrebbe curato i suoi pazienti all’ombra di questo platano.

È molto affascinante l’intreccio delle chiome in quest’area del Parco, in cui il verde lucido delle foglie delle camelie si mischia ai toni brillanti del fogliame dei tigli e del platano. Quando il vento soffia si incanala nel viale, come per spingere il visitatore a proseguire nel suo viaggio di scoperta, nel cuore del giardino.

Spostatevi ora verso il piccolo atrio d’ingresso al Castello e fate una sosta, alla scoperta del monumentale Taxus baccata.