6. Il grande prato centrale

Candida, leggera e soffice nei mesi invernali talvolta la neve cade copiosa nel Parco: è sempre bello osservarla ricoprire il grande prato centrale e spruzzare di bianco la corona verde che lo circonda; i rumori si attutiscono, tutto pare sospeso sotto l’effetto della magia della neve. Se poi dopo una nevicata arriva il gelo, lo spettacolo è doppio: i fiocchi cristallizzano sui rami e sullo sfondo del cielo si crea un dipinto meraviglioso.

In inverno le correnti fredde provenienti dal Nord Europa e dalla Siberia scendono a colmare la depressione caldo-umida delle zone mediterranee: aria fredda e aria calda si incontrano generando la condensazione dell’acqua che, a seconda dell’altitudine e delle temperature, può trasformarsi in neve. Paragonabile a una coperta che mantiene il suolo, sotto di sè, a una temperatura costante, e intorno agli 0 gradi, la neve impedisce all’acqua nel terreno di ghiacciare e scongiura danni alle radici delle piante.

Ma cosa accade sopra la superficie? Quando la temperatura scende sotto lo 0 la presenza della neve può essere di aiuto agli arbusti che in questi mesi hanno già messo fuori le prime gemme: la bianca coperta le protegge dall’aria e dai venti gelidi che le brucerebbero.

Con il Castello alle spalle, sulla vostra destra e sul lato opposto grandi Ilex aquifolium, alti cespugli di agrifoglio, incorniciano la vista: risparmiati dalle potature, hanno ormai assunto la dimensiona di alberello. L’agrifoglio è un sempreverde molto resistente, immancabile nelle decorazioni natalizie: in questi mesi produce bacche di un bel rosso acceso che contrastano con le foglie verdi e lucide della pianta. Vedrete in diverse zone del Parco numerosi esemplari di questa specie, non tutti però esibiscono le bacche rosse che sono prodotte solo dagli esemplari femmine.

A destra una morbida quinta verde è formata da un gruppo di esemplari di Cryptomeria japonica, che si sviluppano rigogliosi verso il centro del Parco. Tra questi si inserisce un Cedrus deodara, o cedro dell’Himalaya, riconoscibile per il colore della chioma dalle sfumaure grigio verdi. Nel Parco incontretere anche esemplari appartenenti alle altre due specie di cedro: il cedro del Libano e il cedro dell’Atlante. Simbolo di grandezza e di incorruttibilità, il cedro ha un portamento imponente ed elegante e si fa notare per i riflessi bluastri, tipici della specie Himalayana.

Dove la macchia verde termina, si staglia un grazioso piccolo arbusto di magnolia stellata, il primo esemplare ad annunciare con la sua spettacolare fioritura l’arrivo della primavera.

L’affaccio sul grande prato centrale offre una prospettiva privilegiata per osservare la meravigliosa corona verde di alti alberi e per scovare un altro abitante del Parco: non è inconsueto ammirare le corse del capriolo che attraversa veloce la radura per cercare riparo nei boschetti circostanti. Le sue visite sono numerose durante tutto l’anno e i segnali del suo passaggio evidenti, come nel caso delle impronte lasciate sulla neve.

Con il sopraggiungere del freddo i caprioli tendono a compiere una migrazione stagionale, abbassandosi di quota e selezionando versanti esposti a meridione, liberi dalla neve e sufficientemente caldi. Per quanto riguarda l’alimentazione si adattano a mangiare ciò che offre la stagione: erba secca, ramoscelli, licheni e talvolta anche la corteccia di giovani piante che apportano le energie necessarie a sopravvivere.

In autunno la pelliccia del capriolo muta e assume una colorazione bruno-grigiastra, molto mimetica, utile a confonderlo tra i tronchi degli alberi anche durante l’inverno. Verso la fine di ogni anno il capriolo maschio perde le proprie corna, che si riformeranno nel giro di circa 90 giorni.

Vi invitiamo ora a imboccare il sentiero che conduce al boschetto di faggi, passanto accanto al vecchio tasso.