7. Il boschetto di faggi

noltrandosi nel boschetto si fanno subito notare due bellissimi carpini, uno accanto all’altro, con le sagome eleganti dei loro tronchi, che ne evidenziano la vetustà; traforati e contorti, i fusti di queste piante evocano l’immagine di un ricamo o di un merletto. Le chiome non sono completamente spoglie perchè il carpino, insieme al faggio, è tra le specie che mantengono più a lungo sui rami le foglie, ormai secche. Non si può fare a meno di soffermarsi ad ammirare le loro silhouette.

Gli alberi forniscono spesso riparo e nutrimento ai piccoli animali come nel caso dei picchi e di altri uccelli: tronchi e rami sono il luogo ideale per costruire nidi, deporre le uova e reperire nutrimento; nelle cavità e sotto la corteccia vivono a volte gli insetti, vera e propria dispensa naturale.

Appena oltre, i resti di un vecchio carpino adagiato sul terreno ci ricordano che gli alberi hanno un ruolo fondamentale nell’ecosistema: quando un albero muore gli organismi che si occupano della decomposizione del legno iniziano a demolire la materia organica rimettendo in circolo le sostanze nutritive. Gli alberi regolano inoltre la composizione dell’atmosfera rendendola adatta alla vita sulla terra attraverso la produzione di ossigeno.

Tra tassi e agrifogli, troneggia al centro del boschetto il maestoso faggio dalla corteccia liscia e grigia e i rami imponenti. Accanto si conserva ancora la ceppaia di un altro enorme faggio, che faceva coppia con il primo, purtroppo caduto non molti anni fa; poco oltre cresce un giovane esemplare recentemente introdotto dalla Fondazione Cosso per prendere un giorno il posto dell’antenato.

Nel Parco si aggirano abitualmente anche ghiri e ricci, che in inverno vanno in letargo. Cosa si intende quando si parla di letargo? Un sonno profondo e prolungato, che interviene nel periodo dell’anno in cui è più difficile reperire il cibo, e che si interrompe quando le risorse alimentari fornite dall’ambiente circostante tornano ad aumentare. Durante il letargo le funzioni vitali dell’animale si riducono al minimo per risparmiare energia: i battiti cardiaci diminuiscono, cala la pressione sanguigna, così come la temperatura corporea, e il respiro si fa più lento.

Per affrontare il letargo invernale è fondamentale prepararsi con cura nei mesi precedenti: costruire una tana sicura, fare scorta di cibo e fare grandi abbuffate, per accumulare riserve di grasso.

Ogni animale e specie mette in atto le migliori strategie per sè: il riccio, ad esempio, prima del letargo non fa scorta di cibo ma mangia in abbondanza, riempie il nido di erba e foglie secche, si raggomitola tirando fuori gli aculei e si addormenta. Circa una volta al mese si risveglia ma riprende il sonno di lì a poco.

Riportatevi ora all’imbocco del boschetto dei faggi a scoprire il tasso.